Oggi e dopodomani

sabato 15 giugno 2013
di  NLLG

Oggi e dopodomani
Discorsi di cinque sopravvissuti

Traduzione di Andrea L. Carbone

:duepunti edizioni, Palermo, 2011


Personaggi:

Giovanni, Andrea, Carlo, tra i 40 e i 45
Il Dottor Signori, di età indefinibile
Jean-Marie, pensionato


Scena I

Un pavimento di legno grezzo. Al soffitto, una lampadina con un paralume dozzinale. A destra, tre sedie disposte a semicerchio intorno a un termosifone elettrico su cui è posato un portacenere. A sinistra, in primo piano, una tavola su cui si scorgono i resti di un pasto, dei barattoli di conserve ecc. oltre che una radio a transistor antidiluviana con l’antenna spiegata. A sinistra, in fondo, un letto a castello e un appendiabiti di legno curvo, stile Thonet. Una pendola sospesa dietro il letto segna le 11 e 55. Il mobilio nel complesso e le stesse suppellettili dànno l’impressione di un ambiente spoglio. Pure, l’insieme che formano è coerente.

Giovanni e Carlo occupano due sedie. Andrea si aggira per la stanza con una scopa in mano facendo finta di spazzare, ma con ogni colpo di scopa non fa altro che sollevare la polvere un po’ dappertutto.

CARLO
Lascia stare. Hai già spazzato stamattina.

ANDREA
Rimane quest’angolino qui. (Scopa sotto il letto) Ma che cos’è? (Si china e raccoglie qualcosa) Una penna. Qualcuno si sarà addormentato mentre scriveva. (Pausa) È una pubblicità. C’è scritto su qualcosa.

CARLO
Lascia perdere la penna e vieniti a sedere.

ANDREA
(Cerca di decifrare la scritta) Non si legge.

CARLO
Lavorare nuoce gravemente alla salute.

ANDREA
(Prova a scrivere sul palmo della mano) Non scrive. (Butta la penna a terra e la fa rotolare sotto il letto con il piede. Appoggia la scopa al muro e viene a sedersi. Pausa)

CARLO
Si sta comodi qui. (Pausa) Al calduccio. (Pausa) Vedete, non c’era da preoccuparsi. (Pausa)

ANDREA
Che facciamo adesso?

CARLO
Potremmo raccontarci delle barzellette. (Pausa) Storie divertenti. (Pausa) Ne raccontiamo una per ciascuno e poi ricominciamo. (Pausa) Se volete posso iniziare io. (Pausa) Barzellette ne conosco un sacco. (Pausa) E comunque, qui si sta bene. (Pausa. A Giovanni) Ce l’hai una sigaretta?

Giovanni tira fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette e un accendino e li porge a Carlo. Carlo si accende una sigaretta e restituisce tutto a Giovanni. Giovanni si rimette in tasca le sigarette senza accendersene una.

Oppure, delle storie vere. Cose vissute, che sono successe davvero. Certe volte fanno ridere più delle barzellette. (Pausa) Lo zio della mia ex, per esempio, era completamente strambo. Dico, gli mancava proprio una rotella, e alla fine l’hanno messo in manicomio. Sulle prime non si notava tanto, a parte che diceva cretinate, tipo chiedeva se le mucche di mare fanno il latte di mare, perché allora voleva andare a mungerle sott’acqua, così non doveva stare a parlare con nessuno. Cretinate così.

ANDREA
Mio zio era aviatore.

CARLO
E poi alla fine ha smesso di andare al lavoro e diceva che il sole stava diventando tutto nero, o che si stava sbriciolando, e che lui non voleva stare lì a guardare. Gli psi gli hanno prescritto le pillole per la stramberia, ma erano acqua fresca.

GIOVANNI
(Finora aveva ascoltato con un orecchio, di colpo si fa attento) Non è che hanno bussato?

CARLO
Eh?

GIOVANNI
Hanno bussato alla porta.

CARLO
E perché avrebbero bussato?

ANDREA
Magari per entrare.

CARLO
Se qualcuno ha bussato, dev’essere proprio scemo.

GIOVANNI
Dovremmo provare ad aprire.

ANDREA
Io comunque non ho sentito niente.

CARLO
Perché provare ad aprire?

GIOVANNI
Saremmo uno in più.

ANDREA
Io non ho sentito niente.

CARLO
E perché dovremmo essere uno in più?

ANDREA
Di solito lo sento se qualcuno bussa alla porta.

GIOVANNI
Uno in più sarrebe di compagnia.

CARLO
Ti dico che se qualcuno ha bussato, dev’essere proprio scemo.

ANDREA
Vado a vedere.

GIOVANNI
E perché sarebbe scemo?

CARLO
Perché quando uno vuole entrare in un posto che non conosce, è un cretino.

ANDREA
Vado a origliare alla porta. Magari sento qualcosa.

GIOVANNI
Non sono d’accordo.

ANDREA
Perché?

GIOVANNI
Non con te, con Carlo. Che chi bussa dev’essere un cretino.

CARLO
Anche se non è cretino, qua ci sono solo tre sedie.

GIOVANNI
Ah, lo vedi che non è per forza cretino.

CARLO
Dicevo così per dire. Per continuare a discutere.

GIOVANNI
Se qualcuno bussa alla porta, forse riusciamo ad aprirla.

CARLO
In realtà secondo me è cretino.

GIOVANNI
Di nuovo.

CARLO
Cosa, di nuovo? Dicevo solo che...

GIOVANNI
Hanno bussato di nuovo.

ANDREA
Io non ho sentito niente.

CARLO
E poi penso che qua ci sono tre sedie, e di questo ne sono sicuro, comunque, fino a tre ci so contare.

GIOVANNI
Fino a ora non abbiamo mai provato ad aprire la porta quando qualcuno bussa.

ANDREA
Beh, allora vado a dare un occhio.

CARLO
Io qua ci sto benone.

ANDREA
Insomma, più che un occhio, bisognerebbe dire un orecchio. Lo accosto alla porta.

GIOVANNI
Non ho detto che qui non si sta bene.

ANDREA
Se almeno ci fosse uno spioncino non dovremmo origliare.

CARLO
Se qua stiamo bene vuol dire che non abbiamo bisogno di nessun altro.

GIOVANNI
Forse vuole solo chiederci qualcosa.

ANDRE:
Insomma, vado.

CARLO
Cioè, tipo?

ANDREA
Se mai dovessi sentire qualcosa, proverò ad aprire la porta.

GIOVANNI
Tipo cosa?

ANDREA
Provo a scuoterla.

CARLO
Tipo, che domanda?

GIOVANNI
Che ne so, un’indicazione.

CARLO
Un’indicazione. Stai scherzando.

ANDREA
Secondo voi devo spingerla?

CARLO
Lo sai che qui intorno non c’è più niente.

ANDREA
Oppure tirarla?

GIOVANNI
Appunto. Se non c’è più niente, è più facile perdersi. Ragion per cui si chiedono indicazioni.

CARLO
A forza di chiedere, si rischia di sapere troppo.

ANDREA
Se ci fosse una maniglia non starei qui a farvi domande.

GIOVANNI
Forse ce n’è un’altra.

CARLO
Un altra cosa?

GIOVANNI
Un’altra strada. Oltre a quella da cui siamo arrivati.

CARLO
Non ce n’era un’altra, se no qua non ci entravamo.

ANDREA
Beh, allora vado, d’accordo?

GIOVANNI
Sei stato tu a voler entrare.

ANDREA
Ma proprio non riesco a ricordare se si apre verso l’esterno o verso l’interno. (Si alza)

Giovanni e Carlo interrompono la discussione.

Una porta normale si apre verso l’interno, ma, tanto per cominciare, non è una porta normale, piuttosto direi un portone a un solo battente, e, inoltre, di normale qui non c’è proprio nulla. (Fa per andarsene, prende il portacenere e va a posarlo sulla tavola) Lo svuoterò dopo. (Se ne va)

GIOVANNI
(Riprende il filo del discorso) Sei stato tu a voler entrare.

CARLO
Perché la strada finiva qui.

GIOVANNI
Come fai a saperlo? Non abbiamo fatto il giro.

CARLO
Lo so e basta. La strada andava fino al portone, non oltre.

GIOVANNI
Saremmo potuti tornare indietro.

CARLO
Per andare dove?

GIOVANNI
Che ne so? Tornare sui nostri passi.

CARLO
È stupido.

GIOVANNI
Poco fa dicevi che è stupido entrare in un posto che non si conosce.

CARLO
Dicevo in generale.

GIOVANNI
E ora dici che è stupido tornare indietro.

CARLO
Ora parlo in particolare.

GIOVANNI
Vedo.

CARLO
La verità non è mai assoluta. Ci vuole particolarità.

GIOVANNI
Particolarità!

CARLO
Perché? Non si può dire? Tipo andare nei particolari.

GIOVANNI
Il fatto è che la verità che ci riguarda, qui, vale solo nei particolari. Il mondo è scomparso, la gente è sparita, la strada va verso l’interno, ma non verso l’esterno. Siamo qui da tre giorni, e ancora non sappiamo che cosa succede.

CARLO
Ma qua si sta bene! Abbiamo sedie per sederci, una tavola, un letto e un bel po’ di provviste. Che altro ci serve?

GIOVANNI
Sapere che è successo.

CARLO
L’hai appena detto. Il mondo è scomparso, e la gente è sparita. Forse siamo chiamati a fondare un modo nuovo, più giusto e più umano, che ha imparato la lezione dagli errori del passato.

GIOVANNI
Con tre maschi non sarà facile.

CARLO
È vero. (Pausa) Andrea è checca.

GIOVANNI
Sarà, ma non per questo si metterà a sfornare figli.

CARLO
Non volevo dire questo, ma... (Pausa) Io una volta l’ho fatto con una capra.

GIOVANNI
Che capra?

CARLO
Erano le vacanze. Si chiamava Bianca. Una capretta, eh, non era una vecchia barbuta. Avevo tipo quindici anni. In origine, vengo dalla campagna.

GIOVANNI
E com’era?

CARLO
Bello. La gente racconta un sacco di cretinate. Alla capra non gli dispiace, allora…

GIOVANNI
A me dispiacerebbe, se fossi una capra.

CARLO
Se fossi una capra, avresti gli attrezzi in un altro modo.

GIOVANNI
Sarà, ma comunque.

CARLO
E vedresti anche le cose in un altro modo.

ANDREA (Torna) Beh, ho origliato, e in effetti qualcosa l’ho sentito, ma non era qualcuno che bussava, piuttosto direi una sorta di ululato.

CARLO
Vuoi dire dei lupi?

ANDREA
No, non lupi. Come dei fischi.

GIOVANNI
Insomma, un ululato o dei fischi?

ANDREA
Tutt’e due. Una specie di ululato fischiettente.

CARLO
Allora ci sono i lupi e i topi.

Entra Signori. Nessuno lo nota.

GIOVANNI
Ah, se lì ci sono lupi e topi, forse vuol dire che c’è gente.

SIGNORI
Lupus in fabula.

Gli altri si girano verso di lui, sorpresi. Pausa.

È un modo di dire, una metafora. (Pausa) In verità, non ho nulla del lupo. (Pausa) Anzi, al contrario. (Lungo silenzio. In tono esitante.) Nulla di umano mi è estraneo.

Pausa

GIOVANNI
Come ha fatto a entrare?

SIGNORI
Era aperto.

CARLO
Poteva almeno bussare, no?

SIGNORI
Ho girato la maniglia, era aperto.

ANDREA
Ha fischiato?

SIGNORI
Sì.

ANDREA
Ha ululato?

SIGNORI
No.

GIOVANNI
Si è chiuso la porta alle spalle?

SIGNORI
Certo.

Pausa

ANDREA
Ha aperto verso l’interno o verso l’esterno?

SIGNORI
Scusi?

ANDREA
La porta. L’ha tirata o l’ha spinta?

SIGNORI
Non ne ho idea. Ho dato un colpo alla porta, e si è aperta...

ANDREA
Se le ha dato un colpo, allora deve essersi aperta verso l’interno.

SIGNORI
Probabilmente. Ma a dire il vero non ne sono sicuro. Forse l’ho tirata. (Pausa) Ma permettete che mi presenti. Signori, dottor Signori.

GIOVANNI
Che sta succedendo?

SIGNORI
Scusi?

GIOVANNI
Fuori. Che cosa sta succedendo. Nel mondo.

SIGNORI
(Animato) Ah, amici miei, mi chiedete che cosa sta succedendo? Piuttosto dovreste chiedermi che cosa è successo. Ma non stiamo a raziocinare: succede che non succede più niente.

GIOVANNI
E che risposta è?

SIGNORI
Il mondo è giunto alla fine. Doveva pur succedere un giorno o l’altro. Posso sedermi?

CARLO
Non c’è posto.

SIGNORI (Indicando la sedia vuota)
C’è una sedia.

CARLO
È quella di Andrea.

SIGNORI
Di Andrea?

ANDREA
È la mia. Ma posso prestargliela per un momento, se è stanco.

SIGNORI
Di sicuro “stanco” non è il termine che avrei scelto, ma mi siederei volentieri. (Si siede. Rivolto a Carlo.) E lei, lei è il signor...?

CARLO
Carlo.

SIGNORI
(A Giovanni.) Il signor Andrea, il signor Carlo, e il signor...?

GIOVANNI
Giovanni. Giovanni Rosati.

SIGNORI
I signori Andrea e Carlo, il signor Giovanni Rosati e il dottor Signori. Amici miei, è molto probabile che siamo gli ultimi rappresentanti del genere umano in questa terra desolata.

CARLO
(Indicando il pubblico) A parte quelli.

SIGNORI
Quelli, come dice lei, sono solo un’illusione. Non dimentichi che siamo in un teatro. E cos’è il teatro se non un’illusione, un miraggio, una chimera, una fantasmagoria? Il teatro è un mondo, il mondo è un teatro, conosce il ritornello. Il teatro, sogno incantatore, il mondo, incubo funesto.

GIOVANNI
Illusione o no, loro almeno possono prendere baracca e burattini e tornarsene a casa. Noi no.

SIGNORI
Perché noi no?

ANDREA
La porta si apre solo verso l’interno. Non si può uscire.

[...]