«Europeana» e il XX secolo
Pippo Ardini
La Sicilia, 17 maggio 2005
Giovedì scorso al «Kursaal Kalhesa» il Centre Culturel Français de Palerme et de Sicile ha organizzato un interessante incontro con lo scrittore cecoslovacco (francese d’adozione), Patrik Ourednik, autore del libro Europeana. Breve storia del XX Secolo, edito in Italia da :duepunti edizioni di Palermo. Libro dell’anno 2001 in Repubblica Ceca, già tradotto in oltre 20 lingue, Europeana è un’«altra» storia dell’Europa del XX Secolo. Una storia senza virgole, in cui eventi, immagini, cifre, parole, dati, ed altro ancora, si intrecciano e si accalcano sotto la penna ironica e dissacrante di Ourednik, scrittore eclettico, traduttore, linguista, redattore di enciclopedie, nato a Praga nel 1957 ma trasferitesi a Parigi, dove vive e lavora, nel 1984. Attraverso una tagliente decostruzione della memoria storica. Ourednik rimette in gioco l’identità europea e lancia tra le righe una sfida: come è possibile dirsi ancora europei dopo tanti malintesi, orrori continuati, guerre ininterrotte, stupidaggini pacchiane imposte come verità assolute? Pagina dopo pagina un sospetto si fa strada nel lettore: forse il XX Secolo è tutto un inganno, oppure nasconde troppe verità inquietanti. E ha anche rischiato di non essere mai esistito, quando a causa del «Millenium Bug» i computer di tutto il mondo minacciavano di riportarci all’alba del Novecento. Il racconto-storia di Ourednik non è soltanto una lettura molto godibile. Vi si ritrova – come bene ha scritto Alexandra Laignel-Lavastine su «Le Monde» – anche il conflitto eterno tra il moralismo e l’aneddoto, associato a una miscela inimitabile di burlesco e melanconia. Un libro straordinario, pieno di invenzioni e di verve. Ognuno, magari, conosce già la storia, ma nessuno l’ha mai raccontata come in questo libro. Basta leggerne le conclusioni: «I monumenti ai caduti sono stati costruiti tanto nei paesi vincitori che in quelli sconfitti e nei paesi vincitori i monumenti celebravano soprattutto la vittoria e il senso del sacrificio e nei paesi sconfitti soprattutto il senso del sacrificio e il coraggio. E nel 1989 un politologo americano inventò la teoria della fine della storia secondo la quale la storia era giunta alla fine perché la scienza moderna e i nuovi mezzi di comunicazione avrebbero permesso a tutti di vivere nel comfort».