E la Barbie con la divisa a righe
Carlo Mazza Galanti
Linus, 1 marzo 2017
Un’utile chiave di lettura di questo geniale e sfuggente libretto è fornita dal lavoro dell’autore, “traduttore e redattore di enciclopedie”, opportunamente riportato nella breve nota biografica. Patrik Ourednik è di origine ceca, vive in Francia dagli anni Ottanta ed Europeana, tradotto in 30 lingue, è il suo maggiore successo. Già pubblicato da Duepunti, piccolo ma glorioso editore siciliano ormai defunto, approda adesso a Compagnia extra, la bella collana diretta da Ermanno Cavazzoni e Jean Talon per Quodlibet, dove si pubblicano libri dalle forme strane, ludiche, sperimentali.
Europeana è una storia del Novecento come non l’avete mai letta (l’autore l’ha definita “dal di sotto”), qualcosa a metà tra l’atlante di Warburg, il collezionismo di benjaminiana memoria, e il Dizionario dei luoghi comuni di Flaubert. Un libro che forse è più difficile spiegare che descrivere. Quasi tutte le frasi iniziano con “E” : “E nel 1986 fu creata una bambola Barbie con la divisa a righe dei campi di concentramento”, “E i comunisti pensavano che la rivoluzione di ottobre avesse a tutti gli effetti messo fine alla storia perché...”. Un flusso di paratassi che annulla ogni ordine (anzitutto cronologico) e gerarchia, dove un evento come l’invasione della Polonia può trovarsi incastrato tra due frammenti eterogenei di storia culturale o sociale senza che né il primo né i secondi risultino fuori posto, mancando per l’appunto un criterio prestabilito. Questa orizzontalità è paradossalmente sottolineata dalle rientranze nel corpo del testo dove brevi titoli o didascalie servono meno a fare ordine che a scimmiottarlo : piuttosto che farci capire di che si parla in quel punto, alla maniera di certi testi didattici, questi paragrafetti creano una serie di associazioni dal sapore dadaista. Apro a caso e ne leggo alcuni : “Le bande suonavano arie”, “I tedeschi confezionavano uniformi”, “Idee meschine”, “Il buco nero”, “Tutto è finzione”, “Il cervello è un ologramma”, “La bomba atomica”. Il libro pare insomma una parodia della strutturata ratio gutenberghiana ed enciclopedica, alla quale viene sostituito un blob di fatti e avvenimenti il cui accosta mento genera effetti stranianti. A ben vedere la libera associazione segue alcune tracce, almeno per qualche pagina. In mezzo a formule che tornano assurdamente secondo quello che potrebbe essere un principio ironico di ricorrenza poetica (“Il vento spettinava le spighe”), si riconoscono figure o grumi tematici intorno ai quali coagulano questi atomi di storia. Per esempio l’eugenetica, le diverse forme di regressione culturale pre e post new age, le lingue universali, o la Shoah. Ma la curiosità del libro non è solo di ordine sintattico : anche il materiale stesso con cui è creato il montaggio solleva domande. Cosa sono questi frammenti ? Da dove provengono ? Di chi è la voce narrante ? Qual è il punto di vista ? Quale l’ideologia ? Si direbbe (ed è l’aspetto più flaubertiano) che molto di quello che troviamo nel libro sia una rimasticazione di frasi fatte, un vociare indistinto colto dall’aria dei tempi e trasformato in una sorta di ventriloquismo storiografico. Operazione che richiede una buona dose di conoscenze ma, soprattutto, di freddo disincanto. Non c’è molto di positivo in Europeana : ridicolo e tragico sono i due registri che dominano in questo inventario tematico di luoghi comuni, alternandosi senza soluzione di continuità e non di rado confondendosi l’uno nell’altro. Forse, alla fine, quello che si fa strada tra le pagine del Novecento polverizzato di Ourednik, più che la storia, è la vanità tragicomica dei discorsi umani.