La fine del mondo sembra non sia arrivata
di Marco Ciriello
Il Mattino, 14 Ottobre 2018
Patrik Ourednik è l’Andy Kaufman della storia, si diverte – e fa divertire – giocando sul confine tra verità e menzogna. Ossessionato dal Novecento, lo ribalta, tagliando e ricucendo personaggi e fatti, chi ha letto Europeana lo sa, chi non l’ha letto ora può rimediare cominciando da La fine del mondo sembra non sia arrivata (Quodlibet). La sua scrittura contiene tracce di Velimir Chlebnikov e Kurt Vonnegut, Georges Perec e Il’ja Ėrenburg, è un grande montatore di assurdità che diventano plausibili, che creano una nuova storia che indossa i panni della Storia che conosciamo. Un po’ risponde a dei grandi quesiti, un po’ ne inventa degli altri, un po’ gioca, un po’ vorrebbe davvero avere delle verità in tasca, come il suo protagonista, Gaspard Boisvert – consigliere del più stupido dei presidenti americani – che da solo basta ad evidenziare tutti i limiti della democrazia, come capita di constatare anche in Italia in questi giorni. Mentre buona parte dei personaggi considerati scrittori insegue la serialità con l’avallo di direttori editoriali e case editrici, Ourednik insegue la singolarità di voce e racconto, scrivendo dal futuro.