La Repubblica (Franco Marcoaldi)

venerdì 10 febbraio 2017
di  NLLG

La storia raccontata lontano dai manuali

Franco Marcoaldi

La Repubblica, 19 febbraio 2017


Cosa succede alla Storia con la esse maiuscola, se perde all’improvviso il suo passo solenne e ordinato da manuale scolastico? Cosa succede se quella stessa storia ci viene presentata in caratteri minuscoli, priva di qualunque gerarchia, mero assommarsi delle più diverse e scriteriate bizzarrie della mente umana? Beh, inutile negarlo: l’effetto è inquietante e straniante, sì che ci appare sotto una luce diversa la stessa idea di civiltà che ci eravamo fatti leggendo i manuali di cui sopra.

È esattamente questa la sensazione che si ricava leggendo Europeana. Breve storia del XX secolo (Quodlibet) di Patrik Ourednik, scrittore praghese che con indubbia abilità e altrettanto rigore mette in fila guerre, ideologie, consumi, avanzamenti tecnologico-scientifici, fantasie religiose. Ma mentre ci offre tale catalogo enciclopedico, che credevamo di conoscere, rimescola le carte. E finisce così per lasciarci attoniti a osservare il manicomio di un secolo che si apre con l’invenzione (sottovalutata) della carta igienica (in Svizzera, nel 1901) e prosegue con il fiorire di nuove forme di religiosità (Scientology, testimoni di Geova, pentecostali, New Age).

Intanto si impongono scuola dell’obbligo e cultura di massa, ma l’uomo non migliora affatto: semmai questo è il secolo dei genocidi. Oltre che delle bambole, fabbricate in un numero 12.500 volte superiore all’Ottocento. Un nome su tutti: Barbie, nata nel 1959 (“era alta trenta centimetri e aveva un grosso seno e fianchi formosi e vita sottile ed era la prima bambola che si comportava da adulto”).

Siamo soltanto a pagina 59 del folle compendio storico sul secolo breve concepito da Patrik Ourednik e già risuonano nelle orecchie le parole del Macbeth shakesperiano: “La vita (...) è un racconto narrato da un idiota, pieno di strepiti e furori, che non significa niente”. Il guaio arriva quando qualcuno vuole attribuire a tale racconto un senso e una forma. Come il politologo Francis Fukuyama, che davanti al crollo del muro di Berlino, predica la “fine della storia” e l’avvento definitivo della democrazia liberale. Commenta sapido Ourednik: “...molti non conoscevano questa teoria e continuavano a fare storia come se niente fosse”. Tranquilli dunque: il delirio può continuare.


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