Lankelot (Simone Bottazzi)

Publié le domenica  11 marzo 2012
Mis à jour le giovedì  15 marzo 2012

Europeana. Breve storia del XX secolo

Simone Bottazzi

Lankelot, 19 dicembre 2011


Quando si dice una promessa mantenuta: 160 pagine (al lordo dell’indice) per raccontare il Secolo breve. Perché Europeana racconta la Breve storia del XX secolo. Una brevità che a scatola chiusa potrebbe suonare sospetta. Il libro non è un Bignami per passare esami di varia natura né un azzardato saggio che omette i fatti concentrandosi su qualche teoria astrusa. Patrik Ourednik ha davvero scritto, dieci anni orsono, una breve storia del secolo breve. E questa storia, in forma di agile libercolo, ha un potere seduttivo immane. Anche se i temi trattati, come dire, li conosciamo già. Ecco perché Europeana, almeno all’estero, è diventato un classico e merita una recensione anche adesso, a XXI secolo inoltrato.

Le edizioni :duepunti hanno riproposto il testo originariamente uscito in traduzione nel 2005 nella collana Terrain vague e ora disponibile in versione cartonata quale apripista della collana Sablier (Sablier : i libri che restano nel tempo). Rispetto alla prima edizione il libro dispone di una sovracoperta la cui quarta recita: «Questo libro è stato definito [elenco incolonnato di venti aggettivi, tra cui ’inclassificabile’, ’stupido’, ’strafottente’, ’bello’] ma chi lo legge continua a farsene un’idea tutta sua». È evidente che si tratta di un testo vivo e scalciante, che pur lasciandosi tracannare come un bicchier d’acqua ha un che di enigmatico e sfingesco. Vediamo come mai.

Tanto per cominciare, c’è tutto. Il Novecento, intendo. Gli eventi chiave, cenni di storia sociale e scientifica, le parole d’ordine, gli anni imprescindibili, i nomi che non si possono non citare. Ma questo tutto è narrato mediante un flusso di parole compatto che non ha nulla a che spartire con la saggistica classica. Gli spazi tra paragrafo e paragrafo sembrano i respiri di un monologo teatrale. Non esistono capitoli. Gli unici titoletti si trovano a margine, ma non assolvono al compito che la saggistica tradizionale assegna loro, quello cioè di indicare di cosa si sta parlando in quel brano. Al contrario, per quanto riprendano degli effettivi tag di testo, hanno piuttosto una funzione evocativa e graffiante. Quasi a sottolineare come due parole estrapolate dal contesto possano significare altro, anzi: qualsiasi (altra) cosa. E il sarcasmo sornione dell’autore non si ferma qua, dal momento che l’indice si genera in automatico listando i titoletti a margine con tanto di pagina di riferimento. Qualche esempio? I soldati si sparavano a palombella, I cavalli erano morti, Dio esiste, Ristabilire l’istanza trascendentale, Lo sguardo torvo.

Europeana si configura come un fluire «automatico» di fatti e di temi, a volte puramente nozionistico altre volte illuminante nel montare le informazioni, nel bricolage di un argomento macro ricomposto a colpi di micromattoni, dettagli apparentemente secondari e altro materiale che, nei saggi accademici, finirebbe nelle note a piè pagina o resterebbe fuori dalla versione finale, buono forse per la colpevole sezione «curiosità» degli articoli di wikipedia. Ma anche liquidare il libro di Ourednik come un guilty pleasure per chi, il Novecento, lo conosce a menadito e ha solo voglia di gossip e stranezze sarebbe sbagliato. La forza di Europeana sta proprio nell’efficacia con cui mantiene la promessa del sottotitolo e nel metodo alternativo (inedito?) di narrazione storica adottato con successo. Un metodo che parte dall’assemblaggio delle informazioni e si concretizza in uno stile che rapisce il lettore fino alle ultime pagine, quando tante delle immagini proposte nel corso del testo ritornano accelerate a mo’ di film biografico il cui protagonista (il secolo) muore e ripercorre il vissuto alla moviola.

Nel prediligere la paratassi all’ipotassi, nei suoi incanti da disco rotto (Millennium Bug, «franco cameratismo», barbe accarezzate d’inizio secolo e via andare), Ourednik si qualifica come un fratello letterario di Paolo Nori, con la differenza che almeno basandosi su questo libro Ourednik non parla di Ourednik. La traduzione di Elena Paul ricorda sovente la prosa al contempo estremamente colloquiale e studiata di Nori, e lo stesso autore parmigiano si è più volte soffermato sul lavoro di Ourednik, l’ha presentato dal vivo, ne è un sostenitore entusiasta. A tale proposito vale la pena riportare il breve testo che Nori ha steso per la quarta di un altro titolo di Ourednik, Istante propizio, 1855, uscito per :duepunti nel 2007, sei righe che colgono alla perfezione lo spirito dell’autore e anche della sua cavalcata libera e selvaggia nel secolo trascorso:

Riassunto del libro:
È bella l’anarchia?
È bellissima.
È possibile?
Non è possibile.
È meno bella per il fatto di non essere possibile?
Non è meno bella.

Concludo con una frecciata bonaria indirizzata all’idea di ripresentare il testo in versione deluxe a sei anni dalla sua apparizione, tascabile, sul mercato italiano. Prendete il riassunto soprastante, sostituite «anarchia» con Europeana e «(non) è possibile» con «costa 20 euro». Troverete il motivo per cui questo libro dovrebbe stare su ogni scaffale e uscire, prima o poi, in versione mass market.


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