La Repubblica (Marcello Benfante)

Publié le lunedì  12 marzo 2012
Mis à jour le domenica  27 maggio 2012

{{La memoria della Shoah}}
Marcello Benfante
{La Repubblica}, 25 gennaio 2006
[...] Per la disattivazione della memoria niente è più efficace del congelamento in una forma perfetta e conclusa. Lo scrittore ceco Patrik Ourednik, nella sua folgorante {Europeana. Breve storia del XX secolo} (:duepunti) data al 1920, in Francia, l’invenzione del monumento al milite ignoto, con cui si dava forma estetica e civile all’immondo massacro della prima guerra mondiale, all’orrore delle fosse comuni, dei cadaveri mutilati e irriconoscibili, dell’anonimo sacrificio dei soldati dilaniati.
La retorica della memoria pietrificata e sacralizzata mette in opera una strategia di sublimazione del trauma: il monumento con la sua mole e la sua dura consistenza attesta una coscienza obnubilata. Per Ourednik si tratta di una organizzazione della memoria collettiva in uno “spazio simbolico” e in tipologie istituzionali il cui ordine e il cui schema intellettivo altro non sono che un modo di produrre un oblio “strutturale”, un riflusso psichico nel quale l’evento celebrato si riduce a un’immagine astratta. Infatti, nel Novecento {«la memoria era passata dalla sfera della storia a quella della psicologia e questo aveva inaugurato un nuovo dominio della memoria nel quale non era più in questione la memoria dell’avvenimento ma la memoria della memoria»}.
L’elevazione al quadrato della memoria implica una sorta di sdoppiamento dell’identità, di schizofrenia epistemologica: lungi dal conoscere noi stessi, smarriamo anche la concretezza del fatto oggettivo e ne serbiamo soltanto lo spettro.
La questione ha pure un risvolto etico-poetico. Scrive Ourednik: {«Certuni erano dell’avviso che un’opera d’arte non fosse uno strumento appropriato per esprimere l’olocausto che è refrattario a ogni regola estetica e altri consideravano che l’ideale fosse un progetto capace di esprimere l’indicibilità dell’olocausto»}. Dal dilemma scaturiscono progetti ammonitori, didattici, allusivi: una grande stella giudaica che ruota sul proprio asse o delle montagne russe su cui scorrono carri bestiame o ancora trentanove piloni d’acciaio con scritta la parola-domanda “perché?” in altrettante lingue. Ma è il concetto stesso di monumento ad essere criticato tout court da alcuni storici, in quanto {«conservare la memoria di un avvenimento non dava alcuna garanzia sul fatto che questo non si potesse riprodurre»}. Il memento è vano, per la semplice ragione che la storia non è magistra vitae, non insegna nulla o forse insegna a perpetuare il male. [...]


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